Il nobile mercante romano Stefano Caffari redige nella prima metà del Quattrocento delle memorie per noi preziose nel contenuto, a metà tra storia familiare e cronaca cittadina, ma soprattutto nella forma, in quanto ci permettono di indagare un periodo cruciale per la trasformazione del volgare dell'Urbe. Grazie alla riedizione dei manoscritti originali, all'analisi sistematica dei vari livelli linguistici (grafia, fonetica, morfologia e morfosintassi) e a un glossarietto delle voci più caratteristiche, emerge un testo che da una parte è ancora spiccatamente legato al romanesco di prima fase, dall'altra presenta già alcune spie delle innovazioni, toscaneggianti e no, che prenderanno piede di lì a qualche decennio.