Atti di notai nella valle del Sabato: La montagna di Prata Terra del Vaticano, Chianca e Montemiletto ex badia di Altrude? S.Eustachio di Montaperto e Castelmuzzo, Bagnara, Delicat

Editore: ABE
EAN: 9788872974766
Pagine: 103 p. , Libro
In commercio dal: 1 novembre 2023
Collana: Il baule
A partire da 30,00 €

Descrizione

Montaperto comparve nelle decime del 1327, elencate per clero, ma di tante abbazie precedenti restò in vita solo Venticano, che figura come monastero. I benefici dei preti soggetti ai beni della Biblioteca Vaticana che vengono trascritti nella prima metà del 1300 furono quelli del clero di Montisaperti che pagava 7 tarì e mezzo, quello de Montefalzono che sborsava 12 tarì, quello di Montemilitum che pagava 15 tarì e quello di Montefuscolo per 3 once, e del monasterium Venticani che pagava 20 tarì. L'anno dopo, nel 1328, i tarì di Venticano scesero a 10, sempre come monasterio, mentre gli altri continuarono a pagare come clero: Monte Aperto sborsò 3 tarì; Monte Mileto, 9 tarì; Montefuscolo 1 oncia e 2 tarì. Nel 1349 nacque la nuova Arcidiocesi in Beneventana, ribattezzata nuova Urbe Beneventum, essendole stato accorpato il sedile arcivescovile appartenuto all'antica Tocco, che non è Tocco Caudio, ma una Tocco molto più vicina alla città, perché assorbì la Mensa arcivescovile di S.Martino in Tocco, fra «Preta» e «Prata», poco discosto dallo stretto di Barba di Chianche, Ceppaloni e Toccanisii, ai piedi del torrente San Martino che scende dal Campanaro di Pietrastornina e Terranova di Arpaise, e si congiunge al Sabato che viene dal Campanaro della Basilica di Prata. Fu così che l'antica Civitate Sabina dei beneventani divenne l'Urbe metropolitana del Nuovo Sannio, inglobando le diocesi molisane e foggiane. A Tocco era appartenuto il titolo antico, ma non v'è conferma che sia stata Campanaro di Grottaminarda, come credette lo Scandone, ma qualche sospetto ci rimanda fra San Michele del Monte Gargano e Canosa di Puglia, molto legate ai culti beneventani, da cui dipesero quelle chiese negli anni a venire. Di sicuro Benevento divenne la capitale religiosa, e a volte politica, di molti feudi fra Lucera e Campobasso. Da qui i resti di San Sabino da Canosa ad Avellino, a Lucera unita a Limosani, etc.. Ancora fino a due secoli fa molti paesi beneventani, come Reino e Colle Sannita, in realtà, erano nella provincia di Capitanata di Bovino. Bernardo Deucio, nunzio avignonese di Benevento, dopo il sisma del 1348, la peste e l'invasione ungherese e romagnola ad opera del fratello dell'ucciso Re Andrea, fatto fuori ad Atella dai parenti stretti della Regina Giovanna I, riorganizzò il patrimonio fondiario della Chiesa. Quindi Marittima, la Campagna e anche la Sabina beneventana, per poi mettere mano a Capua e a Napoli, sottraendo molti paesi all'arcidiocesi di Nola. Fu lui che rifondò la Rocca dei Rettori dove la vediamo, a cui appartennero le 29 rocche delle antiche corti longobarde distrutte nell'actum di Lucerinum e ricostruiti nella Valle Beneventana. Furono questi 29 paesi, retti da distretti arcipretali, a far parte del Principato Ultra Benevento, rimasti inizialmente fuori dal Regno e infeudati da S.Martino in Tocco, a cui fu unito il titolo di S.Modesto di Beneventana, e quello lontano di S.Sofia lucerina, a sua volta poi commissariata da Montevergine intorno al 1370, che però non poté mettere le mani sul feudo di San Martino, dove svettava l'antico Campanario dell'abbazia di S.Maria appartenuta al Vaticano. Perciò, nel 1378, anche quell'antico monastero, di cui Giovanni fu l'ultimo abate, divenne di nomina pontificia per sopraggiunta aggregazione a Benevento. Così, mentre l'antica Campanario veniva assorbita dal territorio del papa nel 1388, la ribellione dei verginiani, portò alla rifondazione di un nuovo monastero chiamato Santa Maria in Campanariello. Fu per uno scambio di terre fra i verginiani e Petricone Caracciolo.

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